DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: perchè ossessioni e compulsioni sono difficili da controllare?

Si parla di Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) riferendosi ad un quadro clinico caratterizzato da ossessioni e compulsioni. Le ossessioni sono pensieri, immagini mentali e/o impulsi che la persona percepisce come fastidiosi e fuori controllo, spesso il loro contenuto è angosciante (per es: “potrei fare un incidente mortale”, “potrebbe succedermi qualcosa di brutto”, “la mia famiglia è in pericolo”). Per alleviare il disagio causato da tali pensieri, la persona mette in atto delle compulsioni, cioè delle azioni ripetitive che vengono percepite come NECESSARIE, ovvero il soggetto sente che DEVE compiere quelle azioni. Tali sintomi possono arrecare un disagio significativo, tale da interferire con il funzionamento sociale e lavorativo.

I pensieri ossessivi, visto il loro contenuto negativo, generano uno stato di allerta nel sistema nervoso. È come se il cervello della persona fosse continuamente esposto a stimoli potenzialmente pericolosi. Come si difende allora? Sappiamo che l’antidoto alla paura è il controllo: quanto più un individuo percepisce di “poter fare qualcosa”, tanto più aumenta il senso di padronanza. Avere un senso di controllo riduce i sintomi ansiosi generati dalle ossessioni. Nel DOC, i comportamenti compulsivi servono proprio a ristabilire un senso di controllo per trovare un sollievo dal disagio.

Come dico spesso ai miei pazienti, le compulsioni sono la voce di una parte dentro di noi che sta cercando di aiutarci. Anche se gli effetti delle compulsioni possono essere dannosi, il loro intento è buono. Questa parte sta tentando di arginare una paura. Nonostante possano rendere invalidante la vita di tutti i giorni, le compulsioni rappresentano una strategia adattiva e vanno dunque interpretati come il risultato della saggezza innata del corpo.

Perché le compulsioni sono così difficili da interrompere? La risposta è da ricercarsi nei gangli della base, una struttura cerebrale che ha il ruolo di gestire le azioni automatiche, ovvero quei comportamenti compiuti al di fuori dell’intenzione cosciente, indipendentemente dalla volontà della persona.

Cosa accade, dunque, a livello fisiologico? Succede che se un determinato comportamento ci aiuta ad alleviare il disagio (come nel caso delle compulsioni che hanno lo scopo di ridurre il fastidio generato dalle ossessioni), quel comportamento diventa un rinforzo positivo. Un rinforzo significa che permette di ottenere un effetto positivo e, con molta probabilità, la persona adotterà di nuovo il comportamento che ha funzionato la prima volta ogni volta che si troverà in situazioni di disagio simili.

La ripetizione del comportamento fa sì che a “deciderlo” non sia più la nostra volontà, ma strutture cerebrali più profonde, tra cui i gangli della base. Cosa significa tutto ciò? Che non siamo più noi a deciderlo! Senza il permesso della nostra coscienza, i gangli della base attiveranno il comportamento in modo automatico, portandoci a completare una sequenza di azioni in modo del tutto istintivo, avendo una pulsione interiore che è difficilissimo da controllare. Questo rende le compulsioni molto difficili da modificare. Lo stesso fenomeno si verifica nel caso delle dipendenze patologie o, più comunemente, per tutte quelle cattive abitudini che abbiamo sviluppato nella vita e che fatichiamo a cambiare nonostante i nostri sforzi.

Come si può guarire dalle ossessioni e dalle compulsioni? Una risposta esaustiva dei modi possibili per agire terapeuticamente in caso di DOC richiederebbe un articolo a parte, per cui fornirò alcuni brevi spunti di riflessione che hanno il solo scopo di stimolare il lettore a considerare complessità ed origini del DOC. Gli individui che presentano sintomi ossessivi-compulsivi hanno, nella mia esperienza terapeutica, storie personali caratterizzate dall’esposizione ad ambienti poco sicuri (ambienti con scene ripetute di violenza, contesti svalutanti e ipercritici, educazione rigida ed eccessivamente moralistica ecc.). L’esposizione  a tali stimoli spaventanti/spaventosi crea uno stato di ipervigilanza cronico. La persona, cioè, continua ad aspettarsi dei pericoli anche quando è in ambienti sicuri.

Il primo step terapeutico consiste nel fornire al sistema nervoso esperienze riparative di benessere attraverso tecniche somatico-corporee che riequilibrano l’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile delle risposte di allerta croniche. La persona diventa via via più in grado di regolare i propri stati interni.

Al contempo, è previsto un lavoro con le parti: compulsioni e ossessioni sono viste come parti della persona che si stanno difendendo da qualcosa. Sono il portavoce di messaggi e la terapia diventa lo spazio in cui accoglierli. Il lavoro su di sé così inteso permette al soggetto di sviluppare un atteggiamento mindful, che è la chiave di accesso per entrare in contatto con il proprio mondo interno e gestire meglio le sensazioni.

Dott.ssa Elisa Zobbi, Psicologa Reggio Emilia.

Psicologi Reggio Emilia.